Amazon: proteste per i nuovi turni
Nel centro di distribuzione Amazon di Passo Corese, da febbraio, i dipendenti sono costretti a svolgere il lavoro su cinque turni. E, a due mesi dall’entrata in vigore dell’organizzazione, i lavoratori cominciano ad accusare le prime difficoltà. Sia dal punto di vista dello stress che dell’impossibilità di conciliare l’attività lavorativa con l’organizzazione familiare. Ma è soprattutto il corpo a risentirne, a causa di quello che nel Documento di Valutazione dei Rischi - che la legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ha imposto a tutte le aziende - sta sotto la voce “stress da lavoro correlato”.

Fino a febbraio, i turni in vigore erano 3: dalle ore 6 alle 14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 alle 5.30. «Erano turni assolutamente gestibili - spiegano alcuni dipendenti del centro coresino - che ci permettevano di avere una vita familiare, ma soprattutto di dare al nostro corpo il tempo di abituarsi». A quei tre turni, da due mesi, se ne è aggiunto uno che parte alle ore 11 del mattino e finisce alle 19 e un altro che dalle 19 si protrae fino alle 3 di notte. «Quest’ultimo non è sopportabile - sbottano i lavoratori. - Se va bene, dormiamo 4 ore a notte. Non sappiamo più quando risposare né quando mangiare. Anche il rendimento in quelle ore cala e i rischi maggiori li corriamo quando, a fine turno, saliamo in macchina per tornare a casa». Uno di loro è stato costretto a fermare l’auto e mettersi a dormire, non riuscendo a proseguire in sicurezza. Per tanti dipendenti che provengono da Roma, Rieti e Terni, infatti, la casa è lontana dai 30 ai 70 chilometri. «A dicembre i 5 turni erano stati prospettati come una prova, invece, con il passare dei giorni - proseguono i lavoratori - abbiamo capito che le cose resteranno così. L’azienda porta avanti la necessità di rispondere alle esigenze del cliente, ma dopo due anni di pandemia, estremamente difficili per la mole di lavoro da espletare, questo ulteriore carico è difficile da sopportare. Cinque turni sono fisicamente impossibili da ammortizzare in 8 settimane e secondo l’ispettorato del lavoro, che abbiamo consultato, non sono legittimi».

di Raffaella Di Claudio